V. Napolillo

Alessandro Sicilia di Rende é un “novatore”, che consegna ai suoi versi epigrafici quanto ha visto, conosciuto, sofferto. Il suo lavoro peculiare é riscontrabile nei libri: Le terze cose (Catanzaro, Abramo,1963); Forse angolo (Ferrara-Bologna, La Goliardica, 1967); Non c’é posto per meno jota (Cosenza, Laboratorio di poesia, 1985); L’alfabeto non sa scrivere (Napoli, Facoltà e Lettere e Filosofia dell’Università Federico II, 1998); Trapianto di parole (Rende, Unical, 2003), in cui si racconta, con toni contaminati da ideologi e politica, la medesima storia di conflitti di bombe, di calamtà, di miseria, di teoremi sindacali, di benedizioni illusorie, di sogni marciti, di condizioni di vita irrazionali. Sono elementi di un “contorto percosso”, che cerca autorizzazioni illustri e trova l’acclamazione e l’avallo del prof. Giovanni Polara dell’Università degli studi di Napoli. Nella raccolta Digitale omologato (Lugano, Centro Studi Universum, 2005) l’autore non retrocede di un passo e resta fermo nel suo proposito: uscire dalla folla, dall’archivio, dalla prigione e dall’insensatezza dell’uomo d’oggi, che vive immerso nelle favole inutili e nella storia “collezione di ombre”. Versi brevi, che pare si svolgano su linee di telegrafo, enunciati in unità segmentali, che nascono da una sensibilità primitiva e da sentimenti naturali, come manifestazione di disgusto rivolto al dissennato “mercato di parole”, che rischia di privare l’umanità , nell’età post-industriale e della globalizzazione, dei suoi indiscutibili valori.