Em Piccolo
Alessandro Sicilia:”in gioventù mi ha aiutato l’appartenenza al mondo debole”
Secondo l’autore, la parola è uno strumento che nega i valori.
È difficile rimanere indifferenti di fronte alla potenza cruda e scarna dei versi di Alessandro Sicilia. Ogni sua poesia è un amo appuntito calato nelle interiora dell’uomo. È un pugno diritto allo stomaco. Dalla sua poesia non si sfugge: in ogni suo verso c’è ciò che si vuole o si tenta di dimenticare Ma con la forza di chi solo ha il dono di padroneggiare la parola, senza mezzi termini, il poeta ci bracca con i suoi versi chiudendoci senza pietà da quella coerenza che per vigliaccheria dalla realtà abbiamo tutti perso. Il frutto del suo impegno sociale , pienamente espresso nella sua produzione poetica fin dai primi scritti si concentra in un lavoro sciamanico e profetico sulla condizione umana. Lo sguardo sempre attento sui torti e le ingiustizie, come squarci inferti all’umanità, si tramutano in urla di denuncia. Una cascata di frasi crude che quasi sempre riassumono immagini, o solo semplicemente richiamano oggetti quotidiani, nomi, aggettivi separati fra loro come immagini che compaiono e scompaiono in mille flash per imprimersi nella mente dei lettori e scavare fino a riprodurre nelle coscienze una voragine tutta nuova da riempire, verrebbe da dire: una nuova coscienza. “Suona la campana della Storia/ la voce è mia/ ho nascosto l’altrove/ la paura di vivere/ parola in sala operatoria/ la storia ingessata/ gerarchia di valori/ gerarchia di lumache/ stop alla casa di Pietro/ l’ingresso in soffitta/ l’altrove di favole/ l’altrove di dio/ cocci di dio/ cocci di preghiera”.
Alessandro Sicilia nasce a Rende, dove ancora abita, in una località vicinissima a Cosenza, nel 1937. Vive e lavora nel proprio paese e sin da bambino dimostra una attenzione particolare verso la poesia. I suoi libri sono:Le terze cose (Catanzaro, Abramo, 1963); Forse angolo (Ferrara-Bologna, La Goliardica, 1967); Non c’é posto per meno jota (Cosenza, Laboratorio di poesia, 1985); L’alfabeto non sa scrivere (Napoli, Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Federico II, 1998); Trapianto di parole (Rende, Unical, 2003);Digitale omologato (Lugano, Centro Studi Universum, 2005)
Incontro il poeta in un pomeriggio d’estate. Mi aspetta seduto ad un tavolino di un bar: alto e scarnito dagli anni che lo hanno reso nel volto più severo. Gli occhi buoni poggiano su ombre scure, mentre le sue spalle larghe e le mani grandi sono tutto ciò che permette di rivedere in lui il giovane robusto e forte che fu negli anni passati. Mi accoglie sorridendo, alzandosi in piedi, gentilmente mi accenna con la mano due sedie vuote dove poter poggiare le mie cose e sedermi. Continua a sorridermi mentre stringe un foglio scritto a penna tra le mani e mi dice che nell’attesa ha scritto una poesia dedicata a me. Informazioni: “ Ratzinger, Architetto dei sogni/ Architetto dei dogmi/ Evoluzione di dogmi/ Cancellare i sassi dalle cave/ Io abbandonato da nessuno/ Dogmi di bugie. La rete informatoca del dialogo/ Evoluzione di Satana/ Informazione con la gomma/ Clonazione di dogmi”.
Quali autori l’hanno accompagnata nella sua gioventù?
“Più degli autori della letteratura e del cinema neorealista, che amo molto, la strada e l’appartenenza al mondo debole, i sacrifici, la vita di tutti i giorni, il contatto quotidiano con le persone mi hanno realmente formato. Quando la guerra è finita avevo quattro o cinque anni. La povertà, la distruzione e il marasma del dopoguerra nel quale sono cresciuto è stato il bagaglio di immagini e sensazioni che più mi ha colpito e formato sia come poeta sia come persona. Ricordo le molliche di pane che arrotolavo per giocare, ricordo le casse degli americani di indumenti usati che venivano distribuiti, o la mensa delle monache dove andavo a mangiare il formaggio giallo che arrivava dall’America”.
Del mondo di oggi cosa la ispira di più?
“L’arroganza, la prepotenza dei politici. La società chiusa che non ha paura neanche della morte sbattuta in faccia dalla TV, da internet e dai mass media che hanno creato una realtà asettica. Metallica. Nonostante i fatti che accadono tutti i giorni è come se non succedesse niente. Stiamo diventando dei robot”.
Che valore hanno per lei la parola e la poesia?
“Le parole si trasformano in dimensioni, in oggetti, in catastrofi, in amore, in sogni. La parola pur non avendo dimensione, nel momento stesso in cui essa si pronuncia, acquista valore, materia e una sua dimensione ridotta. Nella parola si sintetizzano mondi con enormità di immagini. Nella poesia che ho scritto adesso c’é un verso:”informazioni con la gomma”, vuol dire che la parola arriva elaborata. È: uno strumento perchè nega i valori sia dal punto di vista politico, sia giornalistico e letterario. Si coglie sempre quello che si vuole cogliere. Per questo la parola diventa uno strumento di propaganda e di mercificazione”.
Con la nuova poesia cosa vuole esprimere?
“La mia è una poesia libera. Non ha modelli, si ispira nella crudezza delle cose. Ritrae il mondo contemporaneo”:
La poesia allora non è per lei una forma di evasione dalla realtà ma di condivisione?
“Se mi estraniassi dalla realtà che artista sarei? Io devo vedere le lotte, i sacrifici, ciò che accade oggi nella nosta società, sia nel bene sia nel male. Scrivo per comunicare agli atri, per fotografare la realtà integralmente e comprendente dei particolari che sfuggono agli occhi delle persone o che sono volutamente occultati, per carpire il fondo delle cose, dei fatti, degli uomini”.
Cosa prova quando scrive?
“C’è una tensione che non mi dà pace che mi porta alle lacrime a volte, quando scrivo sento rabbia per le bugie che ci raccontano. Non so se posso parlare di politica, ma ad esempio i kamikaze per me sono degli eroi. Gli hanno tolto tutto, non hanno pi` speranze e arrivano al punto di farsi esplodere. Questo è un aspetto che in occidente non si vuole far emergere. Dicono che sono terroristi. Ma i killer americani che buttano bombe tra i civili non sono considerati assassini, sono addirittura giustificati dalla Chiesa. La parola terrorismo e terrorista è stata creata e viene usata per giustificare la violenza delle potenze straniere”.
Dopo aver scritto una poesia la rilegge, la modifica?
“No, in genere scrivo le poesie su carta. Dopo averla scritta la rileggo ma non la cambio più”.
Come poeta la colpiscono di più ; le immagini o le parole?
“Le immagini dicono di più”.
Crede che le immagini abbiano sempre bisogno di essere accompagnate dalle parole?
“Quando leggo delle parole vedo immagini, ma quando vedo un’immagine non ho bisogno di parole”.